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Le sfide societarie di Inter e Milan al via dell’esercizio 2023/24

La stagione che si è conclusa ufficialmente ieri mette in luce realtà diverse e per certi versi opposti sulle due sponde di Milano.

Le due squadre sul campo sono reduci da una stagione non dissimile. Ovviamente ha fatto meglio l’Inter che oltre ad avere eliminato i rossoneri nella storica semifinale di Champions League tutta milanese qualificandosi per la finalissima (poi persa con il Manchester City), hanno vinto la Coppa Italia e la Supercoppa italiana (quest’ultima proprio a spese dei rivali storici).

Ma entrambi i sodalizi meneghini hanno fatto molto bene nel loro percorso europeo e invece sono andata al di sotto delle previsioni in campionato. In Serie A infatti Inter e Milan erano date tra le favorite per lo scudetto e invece non solo hanno presto abbandonato la corsa per il titolo ma hanno poi dovuto faticare molto per ottenere l’obiettivo mimino stagionale: la qualificazione alla prossima Champions League. Riuscendoci l’Inter grazie a una strepitosa rimonta nel finale di stagione (ancora nel week end di Pasqua a metà aprile la squadra di Inzaghi era settima) e il Milan approfittando della penalizzazione della Juventus.

Ma nel giorno in cui si chiude la stagione in termine di bilancio societario e in termini anche di date ufficiali della annata sportiva, le analogie terminano qui. Mentre emergono situazioni divergenti e lontane, con punti di forza e punti di debolezza opposti.

MILAN VERSO L’UTILE COL TESORETTO PER IL MERCATO

Il Milan, come anticipato da Calcio e Finanza già a fine aprile, chiuderà il bilancio 2022/23 in utile. Un traguardo che il club di via Aldo Rossi non raggiungeva dal 2007 e sul quale ha molto inciso in maniera sostanziale il percorso europeo della squadra di Pioli. Un tragitto che ha permesso di portare alla società circa 80 milioni di incassi da stadio e 85 milioni di premi UEFA.

La società posseduta da Gerry Cardinale non ha praticamente debiti e quindi non ha spesa per interessi significative a bilancio. In questo quadro si può presentare ai nastri partenza del calciomercato con un ingente gruzzolo da spendere. Cardinale infatti ha promesso di dotare i propri uomini mercato con un tesoretto da circa 50 milioni e a questo vanno aggiunti i 70 milioni provenienti dalla vendita di Sandro Tonali al Newcastle (la plusvalenza sarà di circa 60 milioni).

Non va scordato inoltre, che come segnalato da Calcio e Finanza questa settimana, la sessione di mercato che va a iniziare sarà quello in cui l’UEFA avrò le maglie più larghe per il nuovo Fair Play Finanziario ed è anche per questo che ai club conviene ufficializzare i propri incassi (tra i quali quello legato alla vendita di Tonali) dopo il primo luglio.

Il punto però – lasciando per una volta da parte la questione blasone e quella sullo stadio nella quale dire che si sta andando per le lunghe è un eufemismo – è che per continuare questo miglioramento di bilancio il Milan con questi soldi avrà necessità di costruire una squadra in grado di essere nuovamente competitiva sia in campo italiano sia in quello estero. Visto che come si accennava sopra la spinta data dai risultati sportivi è stata decisiva per raggiunger l’utile di bilancio.

E proprio qui sta l’interrogativo. Cardinale ha deciso di chiudere il rapporto con Paolo Maldini e Riccardo Massara come capi dell’area tecnica. La decisione non sorprende più di tanto visto che le frizioni tra l’ex leggenda del Milan e della Nazionale e la proprietà erano già in essere dai tempi della proprietà Elliott. Però ora bisognerà capire se il nuovo team che ha come vertici l’amministratore delegato Giorgio Furlani – che ha avuto un ruolo non secondario nel rinnovo di Leao – e il capo scouting Geoffrey Moncada saprà edificare un Milan competitivo a tuti livelli per la prossima stagione. Perché come si è visto non ne va solo del blasone e della storia del Milan ma anche della sua sostenibilità economica.

Quel che è certo che quest’anno il Milan parte con uno svantaggio rispetto alla stagione passata. L’anno scorso i rossoneri erano campioni d’Italia e in virtù di questo erano in prima fascia nel sorteggio della Champions League. Questo permise loro di esser sorteggiati in un girone abbordabile in cui facendo il proprio il Milan si qualificò per gli ottavi arrivando alla spalle del Chelsea e lasciandosi dietro di sé i non eccezionali austriaci del Salisburgo e i croati della Dinamo Zagabria. La squadra di Pioli infatti nella scorsa Champions League diede il meglio di sé negli ottavi e nei quarti dove da sfavorita eliminò prima il Tottenham e poi il Napoli prima di arrendersi all’Inter nelle semifinali.

Quest’anno invece i rossoneri scattano in terza fascia e raggiungere gli ottavi potrebbero essere più complicato in quanto in teoria due squadre più forti, per lo meno sulla carta, dovrebbero essere inserite nel loro girone.

INTER, L’IMPATTO DEL DEBITO ANCHE SULLE NECESSITÀ SPORTIVE

La situazione sembra invece opposta in casa Inter dove sono proprio i vertici dell’aera tecnica – impersonati soprattutto dall’amministratore delegato Giuseppe Marotta e dal direttore sportivo Piero Ausilio – a essere la maggiore garanzia di competitività. Ma dove ancora una volta, e nonostante il raggiungimento della finale di Champions League, il bilancio piange.

Secondo quanto ha previsto Calcio e Finanza il bilancio nerazzurro terminerà anche in questa stagione ancora in perdita, seppur ridotta rispetto al 2022. In particolare il risultato netto sarà zavorrato soprattutto dalla grande spesa per interessi e oneri finanziari (stimabili intorno ai 50 milioni) legata all’enorme ammontare di debito in essere (intorno agli 800 milioni con posizione finanziaria netta negativa intorno ai 300 milioni), e gravato inoltre dal disastro manageriale legato alla sponsorizzazione di Digitalbits che è costato solo in questa stagione 30 milioni di mancati introiti.

Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno questo significa che il risultato della gestione ordinaria (ovvero depurato da spese per interessi e o mancati introiti eccezionali) sarebbe stato quasi a pareggio. Ma anche qui non si può scordare il grande apporto dato ai numeri di bilancio dalla squadra, visto che i ragazzi di Inzaghi, arrivando sino alla finale di Coppa Italia e di Champions League, hanno fatto fare il massimo di incassi possibile alla società in termini di ricavi da stadio, che ha beneficiato di oltre 80 milioni in questa stagione sotto questa voce.

Anche qui insomma i vertici dell’area tecnica saranno chiamati ad allestire una squadra competitiva in Italia e all’estero per la prossima stagione non solo per le legittime ambizioni sportive ma anche, se non soprattutto, per al sostenibilità economica della società.

Peraltro con un grande differenza. Se al Milan Furlani e Moncada possono partire dai circa 50 milioni garantiti da Cardinale (ai quali vanno aggiunti i 70 milioni ottenuti da loro stessi vendendo Tonali a peso d’oro), all’Inter Marotta e Ausilio partono dai -50 milioni legati alla spesa per interessi e oneri finanziari. Di qui la necessità di cedere Brozovic (se sarà venduto agli arabi dell’Al-Nassr, il risparmio per le casse nerazzurre si aggirerebbe sui 12 milioni oltre a 22,5 milioni di plusvalenza) più quella di vendere un altro big – Onana sembra il prescelto – per potere finanziare le operazioni in entrata. In termini di impatto a bilancio infatti il peso dell’eventuale acquisto di Frattesi sarebbe infatti meno pesante rispetto a quello del centrocampista croato (circa 12,1 milioni per Brozovic rispetto ai 10,6 circa dell’italian0). Insomma l’enorme peso del debito costa all’Inter per lo meno un giocatore di grande calibro ogni estate e poi tocca a Marotta e Ausilio mettervi una pezza.

Nota a margine, va anche detto che l’Inter, pur iniziando la stagione da vicecampione d’Europa, sta ancora trattando per trovare il nuovo sponsor di maglia. Le ultime voci parlano di un derby “aereo” tra Korean Air e Wizz Air (data in pole position), dopo che l’ipotesi di Qatar Airways è caduta nel dimenticatoio. Stando a indiscrezioni le cifre si aggirerebbero intorno ai 15-20 milioni a stagione, poco più della metà rispetto a quanto pattuito dal Milan con Emirates con il rinnovo di fine 2022. Segno che probabilmente qualcosa non funziona benissimo a livello marketing all’interno della società nerazzurra.

CARDINALE VS ZHANG, LE PROSPETTIVE DELLE PROPRIETÀ

In ottica prospettica sono anche diverse la posizioni dei due club all’interno delle strategie delle proprietà.

Nel Milan il percorso di risanamento iniziato con Elliott e che Cardinale sta proseguendo si colloca all’interno della piano del businessman statunitense. Un progetto secondo il quale nel medio termine (in finanza con questo termine si intende un periodo che va dai cinque ai sette anni) la società deve essere valorizzata e rivenduta a un prezzo maggiorato rispetto a quello di vendita per permettere a Cardinale e a chi ha investito nei rossonero insieme a lui un margine di guadagno.

È evidente che una società senza debiti e che faccia utili è più semplice da rivendere a buon prezzo rispetto a una carica di problemi, ma è altrettanto palese che per mantenere tutto questo bisognerà continuare a tenere elevata la cifra tecnica della rosa (che è una gran parte del patrimonio di un club calcistico) e la competitività sportiva. Di qui il doppo crinale di cui sopra.

Nello stesso tempo è evidente come il progetto del nuovo stadio sia fondamentale per permettere a Cardianle di rivendere il Milan a un prezzo che gli consenta un grande profitto. Una società con uno stabilimento nuovo di zecca e in teoria volano di grandi guadagni non solo in termini di incassi da biglietti e abbonamenti ma anche e soprattutto di corporate hospitality farò più gola ai mercato che non una con una fabbrica gloriosa ma vetusta come l’attuale San Siro. Di qui la necessità di Cardinale di dover accelerare sulla questione del nuovo impianto. E viste tutte le difficoltà emerse in questi anni la sfida per quanto non impossibile non sembra semplice.

Passando sull’altra sponda del Naviglio la questione è un po’ più intricata. Come si è visto l’ammontare del debito impone ogni anno un costo salatissimo in conto interessi. Ma oltre a questo il presidente Steven Zhang ha in essere un prestito a pegno da quasi 300 milioni con la società statunitense Oaktree che scade nel maggio 2024. Se il capitale non dovesse essere rimborsato l’Inter passerebbe al fondo di private equity USA. Zhang, poco prima della finale di Champions League contro il Manchester City, ha detto di voler rinegoziare il debito perché il progetto Suning sull’Inter è ancora a lungo termine.

D’altronde se anche dovesse arrivare una offerta di 1,2 miliardi per il club nerazzurro (come chiede Zhang), considerando i debiti il gruppo cinese non riuscirebbe a recuperare quanto investito nel club. Di qui la speranza di Zhang di continuare il processo di risanamento iniziato negli ultimi anni per far crescere il valore del club.

In questo quadro è interessante notare come a meno di offerte fuori mercato i risultati ottenuti dalla squadra sul capo offrano a Zhang una prospettiva invitante. La FIFA ha appena scelto gli Stati Uniti quale sede del nuovo Mondiale per club a 32 squadre che si terrà per la prima volta nel 2025. L’Inter visto il suo ranking UEFA ha ottime possibilità di qualificarsi come una delle due squadre della Serie A. E l’ipotesi è quanto più plausibile se la FIFA dovesse decidere (al momento non è stato ancora precisato) di defalcare nel computo dei punti utili quelli ottenuti dai club tramite l’Europa League e la Conference League mantenendo validi solo i punto ottenuti tramite la Champions League. In quel caso la Roma, che per il momento precede l’Inter nel ranking UEFA, vedrebbe togliersi molti dei suoi punti validi aumentando nei fatti le possibilità dei nerazzurri.

In questo scenario Zhang tra meno di due anni potrebbe vedere la propria squadra giocare un torneo di rilevanza mondiale insieme a tutti i maggiori club del pianeta in quella che con i Paesi del Golfo è l’area da cui provengono i maggiori investitori nel calcio. E tutto questo a un solo un anno di distanza dal Mondiale 2026 che (con appendici in Messico e Canada) si disputerà non a caso negli Stati Uniti. Paese che quindi, con tutta la sua forza finanziaria ed economica, rivolgerà proprio in quel momento al soccer e alle sue opportunità di investimento un occhio particolare.

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