Con un comunicato stampa dello scorso 3 ottobre, il Ministero della Giustizia ha reso noto che, a partire dal corrente mese, è operativa la Convenzione siglata con l’Agenzia delle Entrate, a giugno, allo scopo di dare attuazione al servizio di ricerca telematica dei beni da pignorare ex art. 492-bis c.p.c., mediante accesso diretto alle banche dati a opera dell’UNEP (ufficio notificazioni, esecuzioni e protesti).
Pare opportuno ricordare che l’art. 492-bis c.p.c. – recentemente modificato dalla riforma del processo civile (DLgs. 149/2022) – è stato pensato dal legislatore al fine di consentire al creditore una più agevole individuazione dei beni da sottoporre a esecuzione forzata.
Il descritto obiettivo avrebbe dovuto essere realizzato mediante l’apertura di un canale di consultazione diretta dell’ufficiale giudiziario ai dati, inerenti al debitore, contenuti:
– nell’Anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari;
– nelle banche dati degli enti previdenziali.
Ciò in funzione della raccolta di tutte le informazioni rilevanti per l’individuazione di cose e crediti da sottoporre a esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti, nonché per l’esecuzione del sequestro conservativo e per la ricostruzione dell’attivo e del passivo nell’ambito di procedure concorsuali, di procedimenti in materia di famiglia e di quelli relativi alla gestione di patrimoni.
Per tutta la vigenza dell’art. 492-bis c.p.c., nella versione ante Riforma, l’accesso diretto alle banche dati a opera dell’ufficiale giudiziario è stato impedito dalla mancata stipulazione di una convenzione finalizzata alla fruibilità informatica dei dati, secondo quanto previsto dall’art. 155-quater disp. att. c.p.c. Di conseguenza, l’interrogazione delle banche dati da parte del creditore procedente, previa autorizzazione giudiziale, ha rappresentato l’unica forma di ricerca telematica dei beni da pignorare conosciuta dalla prassi.
La riforma Cartabia, con l’intento di rendere più rapido e agevole l’accesso allo strumento in esame, ha modificato l’art. 492-bis c.p.c., disponendo (tra l’altro) che il creditore – munito di titolo esecutivo e di precetto – possa chiedere all’ufficiale giudiziario del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede di ricercare telematicamente i beni da pignorare, senza passare attraverso la preventiva autorizzazione del presidente del tribunale. Simmetricamente, il nuovo art. 155-quinquies disp. att. c.p.c. stabilisce che l’ufficiale giudiziario cui sia stata indirizzata l’istanza ex art. 492-bis c.p.c., nel caso di mancato funzionamento delle strutture tecnologiche, necessarie a consentirgli l’accesso alle banche dati, deve attestare che l’accesso diretto non è attuabile. Il creditore, a fronte dell’attestazione, potrà ottenere dal gestore delle banche dati le informazioni nelle stesse contenute.
Sino alla sottoscrizione della Convenzione tra l’Agenzia delle Entrate e il Ministero della Giustizia per la fruibilità informatica dei dati, cui si è fatto cenno all’inizio, anche il nuovo scenario normativo (entrato in vigore il 28 febbraio 2023) ha dovuto fare i conti con la mancata attuazione degli strumenti necessari a consentire all’ufficiale giudiziario l’accesso diretto alle banche dati e, così, con la necessità di utilizzare la farraginosa procedura ex art. 155-quinquies disp. att. c.p.c.
La Convenzione, di durata quinquennale, ha, dunque, il pregio di dar voce agli obiettivi della riforma, attraverso l’istituzione di un servizio di cooperazione informatica messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate che, in conformità ai principi stabiliti dal Regolamento (Ue) 2016/679 e dal DLgs. 196/2003, consente all’ufficiale giudiziario di acquisire direttamente le informazioni afferenti:
– alle dichiarazioni dei redditi e Certificazione Unica (ad es.: redditi dei terreni; redditi dei fabbricati; dati relativi ai contratti di locazione; redditi di lavoro dipendente e assimilati da modello REDDITI o 730 dell’ultimo anno di imposta disponibile negli archivi dell’Anagrafe tributaria);
– agli atti del Registro stipulati dal debitore negli ultimi 10 anni (ad es. negozi relativi a compravendite, locazioni finanziarie e non, concessioni, rinunce, conferimenti, assegnazione a soci, costituzione di garanzie; con indicazione, per ciascun atto, del tipo di modello, della data di registrazione e di stipula, del codice ufficio di registrazione e denominazione, degli estremi di registrazione, del ruolo di dante causa o avente causa del soggetto interessato, del codice negozio e descrizione, della data di elaborazione);
– all’archivio dei Rapporti finanziari per tutti i codici fiscali e le partite IVA collegati al soggetto di interesse nel ruolo di titolare e contitolare ovvero di titolare ditta individuale (ad es.: conto corrente; conto deposito titoli e/o obbligazioni; conto deposito a risparmio libero/vincolato; gestione collettiva del risparmio; cassette di sicurezza; certificati di deposito e buoni fruttiferi; contratti derivati; partecipazione).
Il quadro delle informazioni che possono essere restituite dall’Agenzia è meglio dettagliato nell’allegato 1 alla Convenzione.
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