Tre anni per la Conte dei conti, otto per il governo Schifani. È scontro istituzionale tra la Regione e la magistratura contabile, che per il secondo anno consecutivo sospende il giudizio di parifica sul rendiconto 2021 della Sicilia. Oggetto del contendere è il disavanzo che la Regione ha prodotto negli anni e il suo conseguente piano di risanamento, inizialmente concordato con Roma con una dilazione di tre anni, poi ricontrattata a otto anni per attenuarne gli effetti sui singoli bilanci annuali. Una soluzione che non convince la magistratura contabile, che già lo scorso anno aveva sollevato dubbi di costituzionalità e si era rivolta alla Consulta. Proprio alla luce della sospensione di quel giudizio di parifica, il governatore già lo scorso anno aveva concordato col governo Meloni l’approvazione di una norma nazionale che autorizzasse la restituzione del debito a Roma in otto anni invece che in tre. Emendamento che è effettivamente diventato legge con la scorsa finanziaria nazionale.
Capitolo chiuso? Affatto. Perché per la Corte dei conti la dilazione del disavanzo andava mantenuta entro i limiti di un triennio, così come concesso alle altre Regioni in disavanzo. A meno di un diverso parere della Corte costituzionale, che nel frattempo, però, non si è ancora pronunciata (il parere è atteso per inizio 2024). Così ecco la nuova parifica che, nell’attesa, torna a sospendere il giudizio sui conti pubblici siciliani, sollevando una serie di altre criticità, dalla spesa sanitaria, fino alla poca trasparenza sulla reale situazione finanziaria di diverse società partecipate, a partire dall’Ast, al centro della bufera sui conti ormai da mesi.
Dopo un’ora di camera di consiglio, il presidente della Sezione di controllo per la Sicilia, Salvatore Pilato, ha sostanzialmente accolto tutte le richieste inserite nella requisitoria della pm Maria Aronica. Una posizione, quella dei giudici contabili, che ha mandato su tutte le furie Schifani, presente durante l’udienza, ma non al momento della sentenza, che definisce «incomprensibile e non condivisibile». Una sospensione del giudizio che però, precisa Schifani, è «priva di effetti finanziari» e addirittura «infondata» sotto il profilo giuridico. Parole durissime che di certo non faciliteranno il dialogo futuro tra la Regione “controllata” e i magistrati contabili “controllori”.
Non che già adesso i rapporti siano idilliaci. La relazione del presidente Pilato è durissima: «Non esiste alcuna area finanziaria o settore di gestione rimasto estraneo alle attività di controllo. Non esiste area o settore nel quale le attività di controllo siano prive degli approfondimenti dovuti nei profili di criticità finanziaria, organizzativa, gestionale e funzionale, sui quali si è svolto il contraddittorio analitico e dettagliato nei confronti dell’amministrazione regionale, con la fattiva partecipazione dell’ufficio del pubblico ministero».
Però Pilato parla anche di un «quadro gestionale migliorativo dei risultati da rilevare nei prossimi cicli di bilancio», dato anche dalla collaborazione tra la Corte e la Regione. Così l’assessore all’Economia finisce per guardare il bicchiere mezzo pieno: per Marco Falcone «i magistrati hanno voluto sottolineare i progressi che la Regione ha prodotto già con questo rendiconto».
Critico, invece, il Movimento 5 Stelle: «Ci siamo sempre detti contrari alla dilazione del disavanzo in 10 o in 8 anni – interviene il vicepresidente dell’Ars, Nuccio Di Paola – perché a pagarne le spese saranno le generazioni future. Schifani non si nasconda dietro a un dito, la Corte è stata molto chiara: il tema non è soltanto il disavanzo – conclude – quanto il fatto che siamo di fronte a una Regione che non fa riforme».
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