TRENTO. In Italia 7,5 milioni di donne non
lavorano, non hanno un conto corrente e non dispongono di un bancomat. Solo
il 54% delle donne ha un’occupazione, contro il 73% della Germania. Una
su cinque lascia il lavoro alla nascita del primo figlio. E le donne che hanno
soldi o potere vengono apostrofate con ironia o sminuite anche nei titoli di
giornali. Eppure, l’indipendenza economica è la chiave per raggiungere
la libertà. Dal convegno di oggi, organizzato dall’Associazione Donne in
Cooperazione, tante testimonianze ed un unico consiglio corale: servono
educazione finanziaria, formazione e reti di supporto.
“Signora o signorina? È sposata? Ha figli o desidera averne?
Che fa stasera?” Rappresentando le domande che ogni donna si è sentita porre
una, due, mille volte nei colloqui di lavoro, nella vita quotidiana Manuela
Fischietti, attrice e drammaturga ha condotto il pubblico dritto al centro
del tema del convegno ‘D di Donne D di denaro’, organizzato dall’Associazione
Donne in Cooperazione.
“Serve partire dall’educazione – ha detto Fischietti –. Non
regalare bambole alle bambine e telescopi ai maschi, rispettivamente per
abituarsi alla cura e per vedere l’universo. Insegniamo alle bambine a
scegliere di lavorare per essere indipendenti culturalmente ma anche sotto il
profilo pratico ed economico”.
Nadia Martinelli, presidente Associazione Donne in
Cooperazione, ha messo in luce come l’educazione finanziaria sia una
premessa di libertà ed insieme un antidoto alla violenza domestica.
In
quest’ambito la situazione italiana non è edificante: meno di una donna su
dieci è responsabile delle decisioni finanziarie della sua famiglia. Solo il
54% delle donne lavora, una percentuale bassissima, se confrontata con il 73%
della Germania. “Riconoscere la violenza economica non è facile – ha detto
Martinelli – bisogna parlarne, prenderne coscienza, avere consapevolezza. Il
nostro contributo è quello formativo e della creazione di rete, aspetti che
ritengo fondamentali”.
Emanuela Rinaldi, professoressa di Sociologia dei
processi culturali e comunicativi presso l’Università di Milano Bicocca ha
spiegato come molte ricerche rivelino che le competenze finanziarie delle
ragazze in Italia sono più basse rispetto a quelle dei maschi già a 15 anni. E
a 10 anni le bambine pensano che il denaro sia meno importante anche se hanno
nozioni e livello culturale simile ai maschi. “Essere materialisti, cioè
pensare che il denaro conti molto, non è necessariamente un bene – ha detto la
docente –. Però il problema è che se le donne non cercano il potere di gestire
i soldi o lo delegano al compagno, marito, padre, può nascere una situazione di
violenza economica. Quindi il mio consiglio è di cercare di agire sulle nuove
generazioni, attraverso tre leve: strumenti di educazione finanziaria con fonti
serie, sfruttare il valore delle reti, ed infine studiare misure di welfare per
andare incontro alle donne che non riescono ad essere indipendenti non perché
sono pigre, ma perché si trovano momentaneamente in una situazione difficile”.
La serata è stata caratterizzata da un susseguirsi di
testimonianze molto toccanti. Aminata Gabriella Fall, consulente
finanziaria nota su instagram come @pecuniami, ha posto l’accento sulla sua
esperienza professionale nel recupero crediti deteriorati, mettendo in luce
come spesso le donne si trovino coinvolte come garanti dei prestiti dei mariti
senza averne consapevolezza. E come, talvolta, riescano ad interrompere il
matrimonio ma non l’indipendenza economica rispetto ai mariti. Ala Azadkia, ingegnera
e imprenditrice iraniana, ha raccontato come non sempre e non dappertutto
l’indipendenza economica corrisponda a quella effettiva: “In Iran avevo un
lavoro – ha raccontato – ma non potevo decidere come spendere i soldi che
guadagnavo”. Oggi Azadkia vive in Italia, si è laureata e si occupa di
commercio equo solidale. Iris Vilchez, direttrice della cooperativa
Etica, in Perù, che si occupa di bambini vittime di violenza e abusi sessuali,
ha messo in risalto il ruolo del microcredito alle donne per ottenere libertà
finanziaria e gli incredibili risultati che ha ottenuto in questo campo,
mettendo in risalto le capacità e le competenze delle donne.
E siccome ‘Anche il canto rende liberi’, il finale della
serata è stato affidato al Gruppo Vocale Just Melody. Particolarmente
apprezzato il servizio tagesmutter offerto dalla cooperativa il Sorriso alle
partecipanti con bambini.
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