Fra le tantissime affermazioni e interpretazioni che aleggiano attorno al decreto sui Cpr, una colpisce più di altre. Siccome è prevista la costruzione (in regime di urgenza) di una serie di nuovi centri per permanenza per il rimpatrio (Cpr) il Governo non esclude che taluni possano essere realizzate su isole deserte, che in verità non esistono, oppure poco abitate. Dunque siamo tornati al confino, scesi nei meandri della storia contemporanea quando sulle isole semidisabitate, quelle minuscole al largo delle coste italiane, si mandavano soprattutto oppositori del regime fascista, ma anche molti omosessuali, zingari, uniti a delinquenti comuni. Adesso ci mandiamo (probabilmente perché l’attuazione del decreto è tutt’altro che semplice) i migranti. I Cpr sono strutture detentive in cui vengono trattenuti i migranti considerati irregolari. Oltre la metà degli irregolari vengono dalla Tunisia, un Paese che l’Italia reputa sicuro ma che in realtà viene definito “a rischio” per gli abitanti nonché per i migranti che provengono da altri paesi africani e che vi transitano soltanto. La nuova legge prevede una garanzia di 4.938 euro quale alternativa al trattenimento presso uno dei Cpr che dopo l’attuazione del decreto dovranno sorgere in ogni regione. La somma calcolata deve essere “idonea a garantire allo straniero, per il periodo massimo di trattenimento, pari a quattro settimane (28 giorni), la disponibilità di un alloggio adeguato, sul territorio nazionale; della somma occorrente al rimpatrio; di mezzi di sussistenza minimi necessari“. Allo straniero è dato “immediato avviso della facoltà, alternativa al trattenimento, di prestazione della garanzia finanziaria”. La somma “è prestata in unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa”. La garanzia è “individuale e non può essere versata da terzi”. Deve “essere prestata entro il termine in cui sono effettuate le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico” e “ha durata pari al periodo necessario per lo svolgimento della procedura in frontiera”. Le disposizioni si applicano “ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea che sono nelle condizioni di essere trattenuti durante lo svolgimento della procedura in frontiera”. Questo dunque prevede il nuovo decreto sui richiedenti asilo firmato il 14 settembre scorso dai Ministri dell’Interno, della Giustizia e dell’Economia e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 21 settembre. Il concetto del “se paghi eviti un periodo di detenzione” è l’elemento discriminatorio che ha fatto già gridare allo scandalo, senza contare che i centri di permanenza per il rimpatrio esistenti sono stati più volte al centro dell’attenzione, specie quello di Ponte Galeria a Roma.
Le strutture attualmente esistenti sono a Roma, Milano, Bari, Brindisi, Caltanissetta, Torino (ora chiuso), Palazzo San Gervasio (Potenza), Trapani, Gradisca d’Isonzo (Gorizia), Macomer (Nuoro).
Nella foto il Cpr di Ponte Galeria
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