Avrete sicuramente sentito parlare di Old Money — quell’estetica che ha aperto la strada al quiet luxury richiamando lo stile senza tempo delle famiglie aristocratiche, dai Kennedy in America ai Royals d’Inghilterra nelle loro giornate off-duty — ma avete sentito parlare di Old Money cinese? Di recente, la ricerca per “Chinese Old Money” è letteralmente esplosa sui social e ci offre una chiave di lettura interessante per questo stile solitamente associato a un immaginario di riferimento tutto occidentale. Ma andiamo con ordine.
Le coordinate del lusso cinese
In Cina, spiega Business Insider, ci sono tre espressioni chiave che indicano la correlazione tra stile e ricchezza. La prima, è “Laoqianfeng” che potremmo tradurre (a livello sia semantico che visivo) con l’accezione occidentale di Old Money: palette cromatica neutra, tessuti naturali di qualità, tagli ora sartoriali ora rilassati ma sempre raffinati, tra una villeggiatura agli Hamptons e una passeggiata per i corridoi di Harvard, il tutto intriso di una naturalezza effortless perché, qui, lo stile è una questione ereditaria. “Xinqianfeng” invece si riferisce al gusto dei New Money ed è un po’ l’immagine del turista ricco che popola la nostra concezione comune: una sovrapposizione di loghi e accessori vistosi che gridano “guardatemi”. Se con “Laoqian” si identificano le famiglie dell’alta società il cui status e reputazione si sono consolidati attraverso generazioni, “Xinqian” descrive l’ondata di miliardari nata dopo la rivoluzione comunista e che comprende anche lo stuolo di nuovi imprenditori e influencer sorti negli ultimi anni. I “Tuhao”, infine, sono i ricchi sfacciati — abiti sgargianti e collezione di auto sportive, per intenderci.
Che rapporto c’è tra stile e ricchezza in Cina?
Finora, il più grande indicatore di status sociale era il logo. Nell’ultimo ventennio, abbiamo imparato progressivamente ad associare sempre più il mercato cinese con quello della moda di lusso internazionale: da Dior a Chanel, da Burberry a Gucci, tutte le grandi maison hanno concentrato i loro sforzi per penetrarlo, incoraggiati dall’approccio della clientela cinese pronta ad acquistare la novità firmata senza badare a spese — tanto che, secondo un’analisi di Bain & Co., entro il 2030 i clienti cinesi arriveranno a rappresentare il 40% dei clienti globali nel settore del lusso. Oggi, però, potremmo trovarci davanti a un’inversione di rotta: in tempi di crisi quando i brand si rivolgono verso i propri archivi per riemergerne con collezioni timeless, che possano allettare il consumatore mascherandosi da “investimenti” e al tempo stesso riportare il lusso a una dimensione più di nicchia, ecco che anche la Cina sembra essersi stancata del logo e perseguire invece un’idea di lusso più “sussurrata” — parole chiave “quiet luxury” e “Old Money” o, meglio ancora, “Laoqianfeng”. Secondo Business Insider, però non si tratta soltanto di una tendenza superficiale a seguire la moda europea e americana del momento, le radici sono invece da ricercare in una convergenza di fattori politici e sociali che fa capo all’idea di “prosperità comune” promossa dal leader cinese XI Jinping. Dei due decenni in cui si è imposto lo stile New Money, infatti, almeno uno intero il governo ha passato a scoraggiarne l’ascesa: nel 2011 a Beijing si bannavano i cartelloni pubblicitari contenenti termini come “lusso” e “alta classe”; nel 2021 è toccato ai social media, con Douyin che ha cancellato in blocco migliaia di account e video che ostentavano ricchezza eccessiva, mostrando per esempio i propri acquisti di lusso tra moda, orologi, auto; allo stesso modo, le grandi aziende impongono spesso ai propri dipendenti di presentarsi a lavoro in abiti sobri e no-logo. In generale, un approccio più austero e meno sfacciato al lusso è altamente incoraggiato (per usare un eufemismo) a tutti i livelli della vita sociale e questo ha contribuito al successo dello stile Old Money.
Get the Laoqian look
Come sempre, ci pensano i social media a illuminarci sulle mosse giuste e i piccoli accorgimenti da adottare per, quantomeno, apparire “Laoqian”. Perché se c’è un territorio in cui il confine tra essere e sembrare può dirsi dissolto, è proprio quello dei social, dove i content creator spendono ore e ore a dissezionare le tendenze micro e macro, analizzarle, spiegare come ottenere il look col minimo sforzo (economico). E così, esattamente come succede per l’Old Money nostrano, ecco che sulle varie piattaforme — Weibo e Douyin in Cina, Instagram e TikTok nel resto del mondo — l’estetica del lusso effortless e sussurrato che affonda le radici nel passato e si fa portavoce dell’eleganza senza tempo si trasforma (per paradosso) nell’ennesima pantomima da ricreare a colpi di fast fashion, con un piccolo grande aiuto da parte di giganti locali come Shein e Taobao. Come si crea, quindi, il guardaroba perfetto? Come in occidente, la formula del look “Laoqian” è la seguente: tonalità delicate e neutre tra crema, beige, cammello, marrone, nero, meglio ancora se l’outfit è ton-sur-ton; silhouette che cadono a pennello — immaginate maglioni avvolgenti e gonne fluide, giacche strutturate, pantaloni morbidi ma che strizzano l’occhio al tailoring; accessori classici come cravatte e borse Hermès. Perché, sì, i designer item vanno ancora ma devono farsi riconoscere a prescindere dalla superficie monogrammata — è qui che sta il vero status. I grandi marchi del lusso, quindi, possono ancora trarre molto beneficio da questo mercato, l’importante è giocare sui pezzi più classici e meno stagionali. Brand elegantemente casual, come Louis Vuitton e Loro Piana, sono destinati a restare in vetta, affiancati da altri relativamente più giovani, come The Row o Nili Lotan, ma fondati sugli stessi principi di qualità materica e allure disinvolta.
L’altra faccia dell’Old Money cinese, quella creativa
La cosa davvero interessante, però, è che la tendenza Old Money in Cina percorre due vie parallele. Se una è quella “emulativa” che abbiamo descritto finora, l’altra è puramente sperimentale e mira a imporsi come una vera fusione tra abbigliamento contemporaneo e tradizione locale dando vita a un connubio unico. A capitanare la tendenza c’è una nuova schiera di designer intenzionati a recuperare la tradizione attraverso un nuovo punto di vista, primi tra tutti Samuel Gui Yang e Jacques Wei, che rileggono l’iconografia classica cinese in chiave attuale, dando vita a reinterpretazioni super creative di stili tradizionali come Qipao e abiti Tang, con tessuti ricamati di alta qualità, gioielli in argento, perle e giada, accostati per contrasto a pezzi streetwear o capi provenienti dalle grandi maison del lusso internazionale.
Anche in questo caso, la tendenza affonda le radici nel decennio d’oro della Cina moderna, tra il 1927 e il 1937, quando la popolazione complessiva godeva di un tenore di vita elevato sia in patria che all’estero sotto la Repubblica di Cina, ma i punti di riferimento, oltre alle famiglie benestanti dell’epoca, sono anche i patrimoni di città antiche, ricche di storia e cultura. Chi abbraccia questa tendenza apprezza uno stile di vita genuino, è fiero delle proprie origini e della propria cultura e, soprattutto, è stanco di seguire i dettami fashion imposti dall’occidente. Questo concetto si sposa con la maggior libertà economica e finanziaria che si riscontra in scala nazionale quanto individuale: il mercato cinese ha ormai imparato a far proprio il concetto di lusso — dalla produzione alla comunicazione — e, così, anche i marchi locali riescono a imporsi sempre di più come valide alternative a quelli esteri. Un esempio è M Essential, fondato da Muki Ma, che svela a WWD “La mia comprensione è che dopo aver attraversato il processo di perseguimento delle espressioni esterne, si esplora lentamente la visione interna e si trova un modo di vestirsi che gli piace veramente. Questa tendenza abbraccia un’espressione naturale di fiducia e autenticità. Non è semplicemente una replica degli antichi simboli cinesi, ma una miscela naturale con lo stile di vita contemporaneo”.
Il prossimo passo per questi marchi? È proprio invertire il corso della moda e approdare in occidente per influenzare a loro volta. L’appuntamento da non perdere è con Samuel Gui Yang, che presenterà la sua nuova collezione a Parigi a febbraio.
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